Isole Eolie: così selvagge, così differenti

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In un momento storico così delicato, in cui i viaggi oltre oceano o addirittura oltre il proprio confine linguistico sono sconsigliati, molti “travel-addicted” si sono ritrovati a dover fare i conti con l’ardua scelta di non partire o scegliere di soggiornare nella propria nazione. Purtroppo, chi scrive, ha dovuto “solo” scegliere in quale parte del belpaese trascorrere l’agognata settimana di ferie estive, sempre munito di moglie, mascherina e igienizzante mani.

Le vacanze in villaggio, mai. O almeno non per ora. Per questo la nostra scelta avrebbe dovuto avere un aspetto “wild”, ma con buona cucina e un ottimo mare (perché spostarsi dalla Puglia si, ma solo se ne possa valere davvero la pena). Presto detto: Bari – Reggio Calabria in auto, un’ora e mezza di aliscafo e benvenuti a Lipari, scelta da noi come snodo cruciale per i nostri spostamenti effettuati con piccole imbarcazioni.

Abbiamo deciso di dormire presso https://www.hotelbougainvillelipari.com/, un 4 stelle con una bellissima vista sul centro ma abbastanza lontano dalla movida per poter godere di qualche minuto di tranquillità e, soprattutto, per tornare in camera senza mascherine sul volto. L’hotel, oltre ad avere delle camere ben arredate e confortevoli e verandine private, ha una piscina con idromassaggio e un ampio giardino dove rilassarsi.

La vera scoperta di questo tour è pero stata l’agenzia che ha coordinato i nostri spostamenti marittimi e gastronomici: http://www.eolietour.com/

Per quest’anno infatti abbiamo deciso per la prima volta di affidarci completamente ad agenzie esterne senza la preoccupazione di dover ogni giorno pensare se sarebbe stato meglio addentare un arancino (o arancina, accontentiamo tutti i siciliani) o un bel cannolo. Ci siam detti che è bastato il lockdown per pensare a cosa impastare o mettere sui fornelli. E mai scelta fu più saggia. Il nostro tour prevedeva infatti ogni giorno una cena in un ristorante di Lipari, ognuno con una caratteristica e ciascuno con un diverso tipo di cucina. Ognuno, consigliatissimo. Nelle storie in evidenza sul mio profilo Instagram (https://www.instagram.com/ilbotanico/), qualche assaggio (si fa per dire) di quel che ormai è bello depositato sul basso ventre dell’autore.

Appena si arriva a Lipari colpisce la semplicità con cui scorre la quotidianità e la calma con cui affrontare l’afoso caldo siciliano. Lipari e il suo centro storico rigenerano, pullulano di attività ricreative e ludiche (a tal proposito è d’obbligo menzionare “Il Giardino di Lipari”, dove ascoltare della buona musica dal vivo e una seleziona molto raffinata di distillati) e offrono anche un belvedere a livello architettonico, con le sue viuzze che si intersecano e la Rocca del Castello a governare ed osservare l’intero lato orientale dell’isola, ma non solo. In questo punto è possibile osservare le fascinose sagome di Panarea, Vulcano e Salina.

Lipari offre anche molto altro, a partire da un assortimento di spiagge che abbiamo provato quasi per la totalità, ma tutte accomunate da un unico denominatore: la pietra pomice. Proveniente dalla spiaggia della “cava di pomice”, vi terrà compagnia durante le vostre nuotate o il vostro relax sulle battigie.

Non credo ci sia una parola ben precisa per descrivere esattamente le Isole Eolie. Ogni isola ha una caratteristica ben precisa che la rende unica e facilmente distinguibile dalle altre. Inutile dire che ogni caratteristica si permea alla soggettività del visitatore e ogni descrizione potrebbe essere altamente personale.

Vegetazione spontanea delle Isole Eolie

Vulcano, l’isola più vicina al capoluogo, è distante solo qualche minuto di navigazione da Lipari. Selvaggia e aspra, con un odore di zolfo pungente che cambia intensità in base alla direzione dei venti. Secondo la mitologia greca, Efesto, il dio del fuoco e armoraro degli dei, aveva quì la sua fucina. Qualcuno narra che sia proprio nel Monte Saraceno, dove sorge il cratere del vulcano da cui l’isola prende il nome. I vulcanari, gli abitanti dell’isola, godono dello spettacolo di questo monte alto 481 metri dalla cui sommità la vista è impagabile, osservando le altre sei isole. Si, occorrerà fare un po’ di sano trekking e una bella sudata, quindi armatevi di scarpe comode e tanta pazienza.

Menzione d’onore meritano le spiagge di Vulcano e le cale raggiungibili solo via mare: tra le prime, la spiaggia di sabbie nere e le “Fumarole di Vulcano”, a ridosso dell’area portuale; fare un bagno qui significa essere letteralmente coccolati da milioni di bolle che dal fondale marino emergono in superficie in seguito all’attività vulcanica nel sottosuolo. Per le seconde, assolutamente consigliata è la visita alla “piscina di Venere” e alla sua adiacente “grotta del cavallo”. Secondo la leggenda, Venere era solita tuffarsi in questa sua vasca naturale e privata per riacquisire la verginità perduta.

Piscina di Venere

Alicudi e la sua sorella gemella Filicudi, sono lontane dal turismo di massa. Filicudi conserva un fascino incontaminato, perfetta per chi ama fare trekking e snorkeling, con la visita al villaggio preistorico di Capo Graziano, già ben visibile all’arrivo in barca, e la discesa nel fondale cristallino della grotta del Bue Marino. Alicudi, l’isola più occidentale, la prima delle Eolie che si incontra arrivando da Ustica, è abitata da quasi duecento persone, di cui una ventina sono tedeschi che hanno fatto di quest’isola la loro casa dopo aver soggiornato quì, divenendo “Arcudari”. Gli abitanti, noti per la loro forza fisica, sono colossi gentili che col tempo hanno deciso di tralasciare pesca e agricoltura per dedicarsi quasi completamente al turismo che sempre più sta prendendo piede sull’isola. Questa è anche conosciuta col nome di “Ericusa”, per la presenza dell’Erica, che qui cresce spontaneamente sulle pendici del vulcano ormai spento. Si, di piante devo pur parlare, se siete sul blog de IlBotanico!

Panarea, la più piccola delle isole Eolie, forma con altri piccoli isolotti un vero e proprio arcipelago a sé stante. E’ la più piccola, come dicevamo, ma anche la più chic e modaiola. A Panarea non ci sono spiagge, ma solo un paesaggio marino da scoprire esclusivamente in barca. Abbiamo visitato quest’isola di giorno, apprezzandone la predominanza delle costruzioni bianche, e di sera, in cui notavamo la scarsa illuminazione pubblica e l’utilizzo di lampade gialle anzichè, come nelle grandi metropoli, bianche o a led. Abbiamo capito solo a fine serata, dopo un gin tonic al Raya, che questa è una caratteristica dell’isola: provate a pensare a “Panarea sotto le stelle” e non poter osservarle a causa di forte luce artificiale.

Stromboli è una delle mie isole preferite; racchiude il fascino selvaggio delle due gemelle citate prima, l’eleganza di Panarea, le spiagge nere di Vulcano e degli ottimi cannoli! Con “Iddu”, il vulcano attivo spesso brontolone, appena la barca attracca, hai l’impressione di essere arrivato su un’isola incontaminata. Le costruzioni bianche e l’enorme presenza di bouganvillee la fanno da padrona e ornano queste spiagge con ciottoli o arena completamente neri e bollenti come carboni. Ovviamente, assolutamente consigliata è l’attesa in mare aperto di qualche piccola eruzione dello Stromboli. La magia del tramonto, il cullar delle onde e l’arrivo della notte e del suo fascino renderanno questa giornata indimenticabile.

Salina è l’isola più “wild”, chiamata l’isola dell’oro verde per la presenza incommensurabile di piante di capperi, di “cucunci” e della Malvasia, il vino che, prodotto qui, assume un sapore acidulo ma al contempo dolce. Se ti trovi su quest’isola non puoi andar via senza aver fatto un bagno a Pollara, dove l’acqua assume colorazioni blu cobalto e verde smeraldo e dove Troisi decise di girare il suo ultimo film, “il Postino”.

Pollara

A Lingua, il centro abitato più popoloso, è d’obbligo il “pane cunzato” da Alfredo, una base di pane condito con prodotti tipici e locali come il condimento eoliano e dove è assolutamente consigliata anche la consumazione di una granita di mandorle di eccellenza. Malfa, l’altro villaggio a picco sul mare, completamente circondata da vegetazioni di lentisco, mirto e capperi, diviene la vostra meta ideale se siete alla ricerca di tranquillità, buon pesce fresco e caldo sole siciliano.

Non penso ci sia una parola per descrivere esattamente le isole Eolie. Queste isole vulcaniche sono entrate a far parte del patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco, dove acqua, sale, terra e fuoco si combinano in diversi mix perfetti. Vi ho convinti, quindi?

Michele

8 curiosità su 8 piante

Piante

Quelle 8 informazioni basilari senza le quali vivi ugualmente, ma che ora ti interesserà conoscere

Conoscete la Pawlonia? E’ un genere di piante originarie della Cina e introdotte in Europa nel XIX secolo. L’albero di Paulonia ha una serie di pregi interessanti: è particolarmente resistente, non soffre il gelo, ha un legno 40% più leggero degli altri, una fioritura lilla abbondante, decorativa e molto amata dalle api, una crescita fulminea ed è molto apprezzata ultimamente anche per la produzione di biomassa. Una curiosità? In Giappone la Paulownia è anche conosciuta come “l’albero della principessa”. Un tempo era tradizione piantarla quando nasceva una bambina. L’albero, a crescita rapida, sarebbe maturato insieme alla ragazza, e quando avrebbe raggiunto l’età del matrimonio veniva tagliato e trasformato in articoli di legno per la sua dote.

Pawlonia tomentosa

Lo mangiate ovunque: guacamole, in insalata, nello smoothie, con le uova strapazzate, frullato, con del formaggio. Ma da dove deriva la parola “avocado“? Nella lingua Nahuatl parlata dagli Aztechi, la parola «ahuacatl», da cui deriva «avocado», significa «testicolo». Si, esattamente.

Ovviamente la curiosità su questo frutto non è la sua etimologia, quanto le sue caratteristiche: l’avocado infatti ha un enzima che ne sfavorisce la maturazione; può rimanere attaccato all’albero anche per 7 mesi senza essere raccolto. Ecco spiegato il motivo per il quale è un frutto disponibile praticamente tutto l’anno.

Avocado

L‘ortensia è da sempre considerata una pianta ambigua. La storia vuole che venne portata per la prima volta dall’Oriente all’Europa dal naturalista francese Philibert Commerson, che la chiamò così in onore di Hortense Barrè, di cui era innamorato. La fanciulla era però la figlia di un amico dell’esploratore e non poté ricambiare il sentimento. O forse sì, ma solo in segreto e per un momento fugace. Il significato del fiore è dunque molto controverso e racchiude i due risvolti di quella storia: alcuni sostengono che rappresenti il distacco e il sentimento non corrisposto; per altri è una dichiarazione d’amore.

Sapevate che l’ortensia può cambiare il colore dei suoi fiori in base al pH del suolo? Armatevi di elettrodi e misuratore di pH del terreno e se vorrete un’ortensia blu, basterà avere un terreno con pH pari a 5,5 o inferiore. Un pH 6,5 o superiore farà produrre delle ortensie rosa mentre, tra 5,5 e 6,5, avrete fiori dalle sfumature bianche e viola. Modificare l’acidità di un terreno non è un’impresa titanica: uno dei metodi per abbassare il pH del terreno in modo graduale è quello della somministrazione protratta nel tempo di letame e materia organica, ma anche la pacciamatura con foglie secche di quercia o abete può aiutare.

Hydrangea – Ortensia

Anthirrinum Majus, comunemente detta Bocca di Leone. Cosa conoscete di questa pianta dai sgargianti fiori?

In epoca medioevale la tradizione voleva che le ragazze mettessero tra i loro capelli alcune bocche di leone nel caso volessero rifiutare i corteggiatori sgraditi, in modo da rendere pubblico il loro rifiuto. Al giorno d’oggi i piccoli e alle volte sgargianti fiori vengono utilizzati in campo industriale, poiché da essi è possibile estrarne il colore. Nel linguaggio dei fiori e delle piante, per via dell’uso che ne facevano le ragazze, la bocca di leone simboleggia il disinteresse e l’indifferenza e, in tutte le tradizioni culturali, è stato da sempre considerato il fiore emblema del capriccio. Ma c’è una particolarità: lasciando appassire i fiori, i semi che ne derivano assomigliano a dei piccoli teschi. E’ impressionante come la natura a volte riesca a stupire anche con l’orrido.

La Jabuticaba è una pianta brasiliana. Sviluppa i suoi frutti in piena primavera (a Novembre, quindi). Dal sapore molto dolce (alcuni dicono ricordi il sapore dell’uva), il suo frutto matura molto velocemente, tanto da considerarsi molto pregiato e raro da trovare sulle tavole, ma impiegato molto nella medicina omeopatica per risolvere problemi respiratori e di digestione.

La sua caratteristica principale che la porta ad essere menzionata qui è che sviluppa i suoi frutti direttamente sui tronchi.

Jabuticaba

Si chiama Rafflesia Tuan-Mudae, è rosso, ed è il fiore più grande al mondo. Ma regalarlo ad una persona alla quale volete bene significa augurarle anche di restare con una maschera anti-gas per diverse ore.

117 centimetri di diametro e circa 30 kg di peso hanno fatto entrare a gamba tesa questo fiore sbocciato tra i tronchi di altre piante della foresta pluviale indonesiana nel guinness dei primati, ma pare che la Rafflesia non abbia gradito molto l’illustre titolo ricevuto. Immaginatelo come una grande calla, con enormi petali carnosi rosa salmone ricoperti da macchie simili a bolle e, soprattutto, con un odore pestilenziale che ricorda quello della carne in decomposizione. Il terribile odore serve ad attirare le mosche che lo impollinano e ovviamente gradiscono questo fetore.

Quindi, pensateci bene prima di regalarlo, a meno che la vostra ambizione non sia quella di tornare single.

Rafflesia

Vi siete mai chiesti perchè solo la Mimosa sia considerata come il fiore perfetto per l’8 Marzo, il giorno della Festa della Donna? Per una ragione puramente economica, ma non solo. Il fiore dell’acacia dealbata è uno dei primi a sbocciare dopo l’inverno, ed è recidibile solo nel giro di pochi giorni e in grande quantità: questo ne determina un prezzo molto basso sul mercato. Un’altra ragione, puramente cromatica, deriva dal fatto che il giallo è un colore molto sgargiante che simboleggia la rinascita dopo un lungo periodo di grigiore come l’inverno. L’analogia con la condizione femminile è presto fatta.

Acacia dealbata – Mimosa

Per ultimo, ma non per importanza, il baobab. Soprannominato da molti “albero della vita” per la sua longevità (alcuni esemplari attualmente esistenti raggiungono circa i 1300 anni di età), rientra così tanto nell’immaginario collettivo da meritare menzioni e posti d’onore nella letteratura e nella cinematografia più conosciuta. Basti pensare a “Il Piccolo Principe” o “Il re Leone”, per associare subito una immagine di questa pianta ad un pensiero nella nostra mente.

Baobab

Impossibile delineare con precisione l’età di questi monumenti naturali se non con la datazione al carbonio, poiché non si sviluppano anelli concentrici nei loro tronchi. Il suo fiore è notturno e dalla durata di una sola notte. Il frutto ha un guscio vellutato e ha le dimensioni di una noce di cocco, del peso di circa 1,5 chilogrammi e dal gusto simile ad un incrocio di pompelmo, pera e vaniglia. Contiene il 50% in più di calcio rispetto agli spinaci, antiossidanti e tre volte la vitamina C di un’arancia. In pratica, è un elisir di giovinezza a pronto consumo.

Alcuni degli alberi più robusti, erano utilizzati in maniera efficace come rifugi antiaerei durante le ultime guerre. Basti pensare che nei tronchi più grandi riescono ad entrare comodamente fino a 50 persone.

Sono molto efficaci come mezzo di raccolta di importanti quantità di acqua piovana: i tronchi a volte raccolgono fino a 32.000 litri d’acqua. Questa è senza dubbio una caratteristica ambientale molto utile per le persone e gli animali nella zona, durante la stagione secca.

Ultima e amara curiosità? I recenti cambiamenti climatici stanno determinando un repentino cambiamento della crescita di queste secolari attrazioni viventi tanto preoccupante da destare attenzione e classificarle come pianta in pericolo di estinzione.

Baobab Trees

Come allevare un drago in casa

Piante

Nulla nasce dal nulla, nemmeno le leggende.

Non sono esenti da questo i racconti sulla origine di alcune piante: alcune di queste storie descrivono vicissitudini così fantasiose ma così ricche di dettagli, che vale la pena raccontarle anche ai nostri giorni.

Un tempo, come tutti sanno, le montagne erano popolate da draghi. Si dice fossero tra le creature più sagge, ma anche più avare: bramavano principesse e tesori portando via con loro tutto quanto una volta conquistate, in spazi e tempi lontani. Le dragonesse, rimaste sulla Terra, quasi certamente non distrutte dal dolore, si rifugiarono nell’arcipelago delle Isole Canarie e lì vi restarono finché non subirono l’incursione da parte di guerrieri e cavalieri che, per la prima volta, decisero di spingersi oltre le già note Colonne d’Ercole.

Stizzite, infuriate e gelose del loro territorio, cercarono di lasciare queste terre invano. Plinio il Vecchio, uno degli incursori di queste isole, assistette alla trasformazione delle dragonesse. Come in un contrappasso dantesco, la loro voglia di spiccare il volo era tanto grande quanto anche il loro peso, aumentato per pigrizia e buona cucina mediterranea, così da rimanere piantate a terra in modo così saldo che le squame delle loro zampe divennero radici: nacque così la DRACENA DRACO.

Al di là di quanto possa essere o meno veritiera questa leggenda, le popolazioni indigene delle isole Canarie hanno attribuito a questa pianta una valenza magica. In parte per le forme insolite che assume, ma soprattutto perché quando il tronco viene inciso, la resina che ne fuoriesce è di un colore rosso vermiglio molto intenso, quasi come fosse sangue.

A livello medicinale questa resina è ricchissima di proprietà: cicatrizzante, antiasmatico e disinfettante. Per questo è ampiamente impiegata nella medicina di pronto intervento in America Latina e in Africa.

A livello esoterico, secondo la magia, esistono fondamentalmente dodici modi per utilizzare il cosiddetto “Sangue di Drago”, tra cui aumentare la passione, far tornare un amore, per esorcismo, fertilità.
La resina liquida viene anche impiegata nei bagni, sia bagni d’amore che bagni di purificazione.
Versata sulle fotografie insieme ad erbe o polveri d’amore da sempre viene impiegata nella magia amatoria. Il sangue di drago rientra altresì nella preparazione degli inchiostri magici impiegati per siglare patti e legamenti.Si, capirei se mi diceste che è nata in voi la voglia di avere un drago in casa e vi direi che questa pianta, sebbene abbia conservato la caratteristica principale delle sue origini, la pigrizia delle dragonesse, divenendo estremamente lenta nella crescita, è molto versatile; si adatta molto bene ad ambienti interni purché ben arieggiati e luminosi, o ad ambienti esterni la cui temperatura però non arrivi mai al di sotto dello zero.

Io ho appena piantato un drago in veranda, voi?

This Is Us

Serie Tv

Le promesse che This is Us ha fatto al suo pubblico fin da quando la NBC ha diramato nel lontano 2017 uno dei trailer televisivi più cliccati di sempre sono state tutte mantenute. Almeno per me.

La storia si compone di narrazioni diverse aventi un unico filo conduttore: la famiglia. La stessa famiglia, in diversi momenti.

La serie in effetti si apre con la descrizione dei personaggi, molto diversi tra loro e geolocalizzati in diverse parti degli Stati Uniti, ma con un elemento in comune: festeggiano nello stesso giorno il loro trentaseiesimo compleanno. Sono fratelli, gemelli dunque, ma molto diversi tra loro. Inizia così una serie di flashback narrativi che andranno a raccontare le vicende dei Pearson: l’infanzia dei ragazzi si alterna alla loro vita adulta e cosi anche alla vita dei genitori, Jack e Bec, creando un ritmo di visione fluido, ma incisivo. Questo fa di questa serie TV l’elemento forza: ogni personaggio viene psicologicamente sviscerato e analizzato, senza essere rindondante e noioso, ma lasciando che ogni Pearson diventi un membro della tua famiglia.

Figura cardine di questo telefilm è Jack: questo uomo incarna perfettamente la figura di protagonista.

Ha l’incredibile pregio di essere completamente devoto alla sua famiglia pur non avendone mai avuto un concreto esempio. Questa “ansia da prestazione” ne farà emergere anche difetti, e non pochi, ma soprattutto limiti.

La struttura di questa serie potrei paragonarla ad un’opera di Andy Warhol: ogni episodio è una storia in sè che si sviluppa in minuti e si esaurisce in un quella puntata rimanendo completamente vincolata alla trama principale e lasciando che la storia cardine, senza quel determinato episodio, ne risulti priva di significato.

La potenza di “This is Us” è il sublime lavoro di Dan Fogelman: una sceneggiatura semplice, che deve lasciare necessariamente spazio a dialoghi magistralmente scritti e interpretati. Uno tra tutti, quello tra Jack e il Dr. Nathan Katowsky nel pilot: “Adoro pensare che un giorno tu sarai un vecchio come me e aiuterai un uomo più giovane tentando di spiegargli come tu abbia colto il limone più aspro che la vita possa offrirti e ne abbia fatto qualcosa di simile a una limonata“.